ogm in europa

L’Italia si è sempre schierata contro la possibilità di coltivazione degli organismi geneticamente modificati sui propri territori, e dopo quattro anni di trattative gli Stati membri dell’Unione sembrano essere arrivati a un nuovo accordo per quanto riguarda gli OGM in Europa: ogni Stato potrà decidere autonomamente se autorizzare le coltivazioni o meno.

La normativa attuale prevede che il rifiuto a coltivare nazionalmente gli OGM possa essere approvato solo se sussistono possibili rischi ambientali o sanitari, comprovati scientificamente da una valutazione dell’Agenzia Ue di sicurezza alimentare (Efsa) di Parma e confermati poi dalla Commissione Europea. Il nuovo accordo raggiunto recentemente, invece, è che i singoli Stati potranno negare il consenso alle coltivazioni nazionali OGM approvate dalla Commissione Europea, senza bisogno di addurre motivazioni e ragioni. In questo modo i ministri europei dell’Ambiente provano ad accontentare sia gli Stati dell’Unione Europea pro OGM, tra cui la Spagna che da anni ha avviato questo tipo di coltivazioni, e quelli invece restii ad accettarli, in difesa delle produzioni locali e di un modello agricolo sostenibile, come l’Italia.

Questo accordo è stato sottoposto a una prima lettura da parte del Parlamento Europeo e in autunno si procederà a una seconda lettura, durante il periodo di presidenza italiana, necessaria per il suo aggiustamento e per la strada verso l’approvazione.

Le reazioni italiane a questo nuovo modo di affrontare l’annosa questione degli OGM in Europa sono controverse. Da una parte c’è chi critica politicamente la “rinazionalizzazione” all’interno dell’Unione Europea, temendo scelte soggettive che possono ledere allo spirito comunitario e a un comune orientamento dell’economia, e chi economicamente teme che questa decisione allontani gli investitori dall’Europa, vista come un continente vecchio e non aperto alle innovazioni. Dall’altra, invece, dal punto di vista agricolo c’è soddisfazione e ottimismo per i nuovi accordi: Legambiente è contenta di questo primo passo nella giusta direzione, Coldiretti e la Confederazione italiana agricoltori (Cia) si sono detti soddisfatti anche se dovrà essere perfezionato l’accordo UE.

Quel che è certo è che questa nuova direzione presa dalla Commissione Europea dà la possibilità a chi ne ha la volontà di difendere le proprie coltivazioni, seguendo un modello agricolo costruito sulle necessità nazionali, in difesa si spera sia di un’agricoltura sostenibile e attenta alle grandi come alle piccole realtà, sia dell’ambiente.